Che fosse mancanza quel che alla fine avrei provato io non me lo sarei mai aspettato. Pensavo di averne avuto abbastanza, pensavo che mi sarei sentita sollevata. E invece no, invece mi manca. Mi manca quel dolore. Lo percepivo, denso e pesante; da pagina a pagina era il tempo di emergere, prendere fiato e tornare giù, in quel rifugio del corpo dove si annida la sofferenza. Che fosse questo o quel racconto non aveva importanza. Era un'unica sensazione, replicata in ogni racconto. Ho iniziato a dilatare i tempi di lettura; preferivo fare un passo indietro piuttosto che procedere e lasciar che l'impazienza si portasse via tutto.
È un percorso, quello a cui ci sottopone Andre Dubus, che parte dall'ombra e arriva alla luce: i racconti contenuti nel libro sono quattordici gradini che il lettore deve risalire per poter raggiungere la cima con la dovuta predisposizione; assorbire gli spasmi di ogni personaggio è un atto necessario affinché la speranza possa sopraggiungere, infine, a rischiarare il giorno con maggiore intensità. La vita dello scrittore si fonde in questa raccolta più che in ogni altra sua produzione: è la prima che ha scritto dopo l'incidente che lo aveva costretto su una sedia a rotelle. Il riferimento alla paralisi è evidente nei personaggi de La moglie del colonnello (uno dei miei brani preferiti) e nel racconto che titola l'intera opera, Ballando a notte fonda. Ma osservando attentamente ogni storia credo si possa riscontrare la presenza, in diverse gradazioni, dello stesso elemento: un sentimento d'impotenza. Il corpo è una zavorra, limitata e limitante, al quale la mente deve sottostare: è la carne che tradisce, che sbaglia, che ha paura, che non è all'altezza. Prendo ad esempio Di notte, un fulmine di appena due pagine, prendo come riferimento la donna che si sveglia e si accorge che il marito che le è accanto è morto. Mentre dormiva, mentre anche lei dormiva. Non è il dolore per la morte del compagno, quanto la disperazione che la fine non fosse avvenuta come lei l'aveva immaginata; perché lei dormiva, perché lei non era lì con lui in quel momento, perché lei non era pronta. Perché il corpo aveva fallito.
Se l'America di Yates guardava a ciò che si era perduto, quella dell'ultimo Dubus guarda a ciò che si può ancora conquistare. Rifiuta il cinismo con cui spesso ci vantiamo di essere maturi. Rifiuta il disprezzo di sé. Rifiuta la depressione. L'amore nella narrativa di Dubus è un elemento naturale come l'aria e l'acqua. Senza questo amore, ci perdiamo. A volte è un "amare senza il limite della carne".E così, partendo da L'intruso, Dubus ci mostra i suoi protagonisti alle prese con piccole e grandi tragedie, che dilata ed espande affinché ognuno di noi possa riconoscere e raccogliere anche il più sfuggente pensiero. È in questo primo racconto che lo scrittore raggiunge la disperazione massima; simile, per alcuni versi, alla storia raccontata da Brautigan in American Dust, L'intruso pone l'errore umano al centro del brano e affida a un ragazzino il duro compito di dover sviluppare il tema. Non c'è redenzione, non c'è salvezza. Il dramma è lì: compiuto e immutabile. Le ultime battute ci suggeriscono che il peggio ancora deve accadere, che appena lo stordimento dei primi tempi sarà passato una pena ancor più acuta si presenterà a chiedere il conto. Ma compare, schivo e impacciato, un persistente desiderio di riscatto. Di racconto in racconto, i personaggi rigettano l'angoscia e abbracciano la speranza. La abbracciano con l'anima e la abbracciano col corpo; con quel corpo che era un nemico da combattere, un fardello da cui liberarsi. Con quel corpo dal quale tutto è cominciato, tutto è passato. Dal quale tutto tornerà a nascere:
Un pomeriggio l'autobus coi bambini era in ritardo. Le immagini nella mia testa erano come una tempesta. Ero ferma sulla strada e non riuscivo a sbarazzarmi di tutte quelle terribili immagini. Così ho iniziato a ringraziare Dio per quella paura, perché voleva dire che li amavo infinitamente. Il sole splendeva sulla neve e sui pini, e io rimanevo lì, pensando a come sarebbe stato non avere paura, non riuscire ad amare nessuno tanto da non potere immaginare di vivere senza di lui.
Andre Dubus
Ballando a notte fonda
Traduzione di Nicola Manuppelli
Mattioli 1885
2013, pp. 234
ISBN 9788862613453
Ballando a notte fonda
Traduzione di Nicola Manuppelli
Mattioli 1885
2013, pp. 234
ISBN 9788862613453
Ma quanto scrivi bene?!? :O
RispondiEliminaGrazie. Spero solo che l'entusiasmo non prenda il sopravvento sulle recensioni. Non vorrei mai che le mie parole sviassero sul contenuto del libro. Ecco perché cerco di tenermi a bada e provare, tra uno slancio e l'altro, ad inserire qualche informazione più tecnica: per fare in modo che tutti voi possiate, bene o male, capire se una storia può essere o meno affine ai vostri gusti.
EliminaCiao Maria, le tue recensioni sono scritte così bene perchè sai rendere perfettamente le sensazioni che i libri ti trasmettono,ad esempio in questo caso "il percorso che parte dall'ombra e arriva alla luce" , le notizie che riporti dell'autore utili per capire il contesto in cui nascono i racconti... insomma ...complimenti!
RispondiEliminaDa quando seguo il tuo blog la mia wishlist si è allungata a dismisura!!
Ciao!! Tanti Auguri!!
Grazie Sabrina! È bello sapere che le vostre liste si infoltiscono grazie ai miei suggerimenti. Speriamo di dare i consigli giusti però!
EliminaTantissimi auguri anche a te.
A presto!
Hera
RispondiEliminaBUON NATALE, Maria
che sia felice e sereno
Grazie mille Hera, auguri di sereno Natale anche a te.
EliminaUn abbraccio.
Non conoscevo questo libro... ora grazie a questa bella recensione vorrei quasi leggerlo all'istante...
RispondiEliminaBuona Natale Maria! :-)
Tienilo a mente, potrebbe rivelarsi un ottimo acquisto.
EliminaBuon Natale anche a te! A presto.
Buone feste!
RispondiEliminaAuguri Eli, un abbraccio.
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