Avrei dovuto dirvelo subito perché mi sono tanto intestardita con i racconti. Vi ho parlato di Alice Munro, vi ho anticipato di D'Ambrosio. Non vi ho ancora detto di Harold Brodkey, di quella particolare gradazione di mattoni rossi con la quale ha costruito la sua storia più bella. Sto rileggendo sia Salinger che Carver. Ma perché? Per colpa, causa e merito di Paolo Cognetti.
Lui lo avete sentito nominare tante e tante volte, ne sono certa. Forse l'avete conosciuto grazie a Sofia (Sofia si veste sempre di nero); forse li avete visti entrambi tra i dodici finalisti al Premio Strega dello scorso anno. Oppure l'avete scoperto attraverso le sue raccolte di racconti, che sono venute prima, e sono Manuale per ragazze di successo e Una cosa piccola che sta per esplodere. E allora no, allora lo avete intravisto nei boschi: avete seguito le note de Il suonatore Jones e l'avete trovato lì, ai piedi di un albero, Il ragazzo selvatico.
Lui lo avete sentito nominare tante e tante volte, ne sono certa. Forse l'avete conosciuto grazie a Sofia (Sofia si veste sempre di nero); forse li avete visti entrambi tra i dodici finalisti al Premio Strega dello scorso anno. Oppure l'avete scoperto attraverso le sue raccolte di racconti, che sono venute prima, e sono Manuale per ragazze di successo e Una cosa piccola che sta per esplodere. E allora no, allora lo avete intravisto nei boschi: avete seguito le note de Il suonatore Jones e l'avete trovato lì, ai piedi di un albero, Il ragazzo selvatico.
Anche se non avete letto nessuno di questi libri, il suo nome vi è arrivato comunque. Ve lo siete chiesti il perché? Perché i lettori se lo passano, come fosse un consiglio prezioso, per andare a colpo sicuro. "Ti piacciono i racconti? L'hai mai letto Paolo Cognetti?", "Te che leggi i racconti dovresti provare Cognetti", "Ma poi... l'hai più letto Cognetti? Dicono sia un fenomeno sui racconti".
Cognetti e i racconti. Un filo diretto, una congiunzione ovvia. Ma come fa?
Cognetti e i racconti. Un filo diretto, una congiunzione ovvia. Ma come fa?
Per cominciare a mettere una parola dopo l'altra, seguirle e vedere dove ti portano, devi essere capace di fartene meravigliare: e raccontare una storia come se fossi il primo in questo mondo a farlo.
Il suo ultimo libro, A pesca nelle pozze più profonde, non è un vero e proprio saggio: è più una riflessione, una sorta di percorso a ritroso, una somma d'esperienze. Paolo non pretende di svelare verità assolute, non sale in cattedra a dettar legge; dubitando invece che affermando, ci fornisce alcuni pezzi di quel puzzle che è il processo creativo che si innesca nella mente dello scrittore. Raymond Carver, John Cheever, Grace Paley, Alice Munro e Andre Dubus sono solo alcuni dei nomi ai quali Cognetti si appella per svelarci il mistero dell'arte del racconto. Paolo è un lettore prima di essere uno scrittore, è questo il suo punto di forza; leggendolo, che sia in un libro o in un articolo del suo blog, si intuisce quanto lui sia legato ai suoi maestri, e quanto li ammirasse anche prima, prima ancora che i loro testi diventassero manuali di scrittura. Leggere, poi scrivere: se questo non è l'unico attribuito che fa un bravo scrittore, è senza dubbio un elemento che, quando manca, forma un pessimo autore.
Il racconto è un foglio a due facciate: c'è quello che accade, che è quello che leggiamo perché è scritto, è visibile, e poi c'è tutta l'azione che si svolge dietro, che non è esposta, ma che a noi arriva comunque attraverso una scarica di tensione che lo scrittore ci trasmette e che noi accogliamo senza rendercene conto. Una sedia che cade, un bicchiere che si rovescia, uno sguardo accigliato.
Per quanto eccezionali possano essere, i racconti non sono sempre apprezzati dai lettori. Ma è qualcosa che, secondo me, ha a che fare con la mancanza d'allenamento; il racconto richiede una sensibilità diversa da quella che esige un romanzo. Quell'attimo, quel frammento di realtà, te lo devi guadagnare. Non è difficile, una volta che hai imparato. È un po' come respirare col diaframma: all'inizio è un'impresa, poi viene facile. Meglio, anche. È questione di pratica.
Ma poi... l'avete più letto Cognetti?
Tutti credono di sapere che cos'è un racconto. Ma prova a chiedere a uno studente del primo anno di scriverne uno, ne caverai di tutto o quasi: reminiscenze, episodi, opinioni, aneddoti, di tutto, insomma, tranne che un racconto. Il racconto è un'azione drammatica compiuta, e in quelli più riusciti i personaggi si svelano attraverso l'azione, e l'azione è a sua volta condotta mediante i personaggi: il significato che se ne trae deriva dall'esperienza nel suo complesso. Personalmente, preferisco definire il racconto un evento drammatico che coinvolge una persona in quanto persona, e persona particolare — in quanto, cioè, partecipe dell'umana condizione, e di una specifica situazione umana. Un racconto implica sempre, in forma drammatica, il mistero della personalità. Ne ho prestati alcuni ad una signora di campagna che abita in fondo alla mia strada, e lei me li ha restituiti dicendo: "Beh — 'sti racconti ti fanno vedere come certa gente si comporta comunque", e io ho pensato che avesse ragione; quando si scrivono racconti, bisogna accontentarsi di cominciare proprio da lì: facendo vedere come certa gente si comporterà, malgrado tutto.Flannery O'Connor non era una che si perdeva in convenevoli. E anche qui, anche in questo passo, tratto dal saggio Scrivere racconti, riassume con estrema precisione tutta la complessità del caso.
Il racconto è un foglio a due facciate: c'è quello che accade, che è quello che leggiamo perché è scritto, è visibile, e poi c'è tutta l'azione che si svolge dietro, che non è esposta, ma che a noi arriva comunque attraverso una scarica di tensione che lo scrittore ci trasmette e che noi accogliamo senza rendercene conto. Una sedia che cade, un bicchiere che si rovescia, uno sguardo accigliato.
Something glimpsed — qualcosa d'intravisto — ma anche, nel senso più antico del termine, qualcosa di illuminato solo per un istante.Poi la gente sopravvive, malgrado tutto. Ma a quel punto il racconto è già finito.
Per quanto eccezionali possano essere, i racconti non sono sempre apprezzati dai lettori. Ma è qualcosa che, secondo me, ha a che fare con la mancanza d'allenamento; il racconto richiede una sensibilità diversa da quella che esige un romanzo. Quell'attimo, quel frammento di realtà, te lo devi guadagnare. Non è difficile, una volta che hai imparato. È un po' come respirare col diaframma: all'inizio è un'impresa, poi viene facile. Meglio, anche. È questione di pratica.
Ma poi... l'avete più letto Cognetti?
Adoro Cognetti, adoro il suo modo di porsi ai lettori (in senso letterario, ovviamente) ma sopratutto adoro il suo modo di porsi a "confronto" con i suoi grandi maestri ovvero con profondissima umiltà e semplicità...bravo, bravo, bravo punto!
RispondiEliminaTi piace proprio poco, mi pare di capire!
Eliminaahahah ma io in letteratura sono così: o tutto o niente, non conosco le mezze misure! ;-)
EliminaQualche giorno fa ho visto una libreria su aNobii in cui i voti erano o 1 o 5 stelline. Sarà mica stata la tua? :)
EliminaPenso che quando qualcuno mi chiederà che cos'è un racconto, io risponderò proprio con quell'espressione: something glimpsed. Mi fa pensare al flash di una macchina fotografica, che illumina la scena per un attimo e poi l'abbandona.
RispondiEliminaSì, ridotto ai minimi termini, il concetto è tutto lì.
EliminaTutto vero!!! bellissimo apologo dei racconti, che amo e che scrivo, ho scritto, sto scrivendo scriverò e propongo più o meno regolarmente per pubblicazioni e regolarmente ricevo porte in faccia, rispondono che sì però...i racconti e....bla, bla, bla,(ho solo vinto per alcuni di questi inediti un premio ad un concorso nazionale poco fa e niente più. In effetti ho sentito nominare Paolo Cognetti ed è anche nella mia lista di autori da leggere nella mia (lunga lista foglio word su mio pc, anche se per strane congiunture cronologicamente ho altri autori (sia di racconti che altro. Poi non è detto che la cronologia sia rigorosamente rispettata, ad esempio ora sto leggendo "Antropometria" di Paolo Zardi che fino ad un mese fa non sapevo nemmeno esistesse.
RispondiEliminaUn caro saluto, W i racconti e chiuse tutte le parentesi
Peccato tu sia un "anonimo" perché uno così entusiasta avrei voluto conoscerlo!
EliminaSe leggerai Cognetti torna qui, palesati, e dimmi come l'hai trovato :)