Profilo italiano e cuore americano, Edizioni Black Coffee è un nuovo progetto editoriale ideato da Sara Reggiani e Leonardo Taiuti. Prima di diventare una casa editrice, Black Coffee era una collana del catalogo di Edizioni Clichy fino a quando Sara e Leonardo, traduttori editoriali, decidono di concedersi un'opportunità, dando al progetto indipendenza, forma e dimensione.
Il nome che avete dato al progetto è molto evocativo. Come il logo: una tazza fumante, un black coffee. Perché vi rappresenta?
SARA Abbiamo scelto questo nome perché lettura e caffè sono sempre andati a braccetto, soprattutto negli Stati Uniti. In Italia magari beviamo più tè mentre leggiamo (l’espresso dura poco), ma il punto era proprio evocare una tipica situazione della quotidianità americana, una poltrona, una lampada, un tavolino con una tazza di caffè fumante sopra e una persona immersa nella lettura. Il nostro caffè non a caso è nero, senza aggiunta di zucchero o latte… è amaro e pungente, come – speriamo – i libri che pubblicheremo. E poi il caffè sveglia, non ti fa stare fermo.
Cosa vi ha spinti a concludere il rapporto con edizioni Clichy e a trasformare la collana Black Coffee in una nuova casa editrice? Il progetto era già in cantiere?
SARA A dirla tutta, Black Coffee è nata molto tempo fa. Io e Leo fantasticavamo da anni di aprire una casa editrice nostra. L’esperienza prima in Giunti, dove ci siamo conosciuti, e poi in una realtà più piccola come Clichy ci ha dato modo di osservare tutta la filiera editoriale e capire cosa ci serviva per realizzare il nostro progetto. Abbiamo deciso di iniziare con una collana perché ancora non avevamo consapevolezza delle nostre forze e dei nostri punti deboli, ma dopo qualche anno è tornato fuori con prepotenza il desiderio di fare da soli, di proporci con il nostro volto autentico.
Quando è nata la vostra passione per la letteratura nordamericana?
SARA Gli autori americani ci vengono proposti sin da quando siamo molto piccoli e la mia passione si è accesa tra i banchi di scuola, suppongo. Ma ho capito che era una cosa seria, che cioè ne avrei fatto il mio campo di specializzazione, all’università di Bologna, studiando con un grande professore di letteratura americana, Franco Minganti.
LEO Se devo essere sincero non ho mai fatto discriminazioni – leggevo italiani, americani, britannici ecc. Non mi interessava la nazionalità dell’autore. Ma quando ho iniziato a lavorare nel mondo dell’editoria e a fare caso a determinati aspetti, mi sono reso conto che tanti romanzi che avevo amato nel corso degli anni erano stati scritti da americani e ho deciso di approfondire. Un capolavoro dopo l’altro alla fine ho capito che dalla letteratura americana è davvero difficile prescindere.
Perché gli occidentali sono così presi dagli Stati Uniti? Dalla letteratura, ma non solo. Esiste ancora, da qualche parte nel nostro immaginario, un’idea intatta di sogno americano?
SARA Dell’America non ci si libera mai, nemmeno a volerlo. L’immaginario che evoca è troppo potente e vario per passare in secondo piano rispetto a quello di altri Paesi del mondo. Più che di sogno americano ora come ora sarebbe il caso di parlare di incubo americano… Il sogno si è infranto, eppure continua a vivere nelle nostre menti.
LEO Gli Stati Uniti sono un Paese da cui abbiamo ereditato talmente tanti aspetti, a livello culturale, che per noi italiani è difficile non esserne “presi”. Ora come ora, poi, è sempre più evidente la centralità dell’America nel nostro immaginario di tutti i giorni, nel bene e nel male: è un luogo che ci fa sognare, che ci dà speranza, ma che riesce al contempo a terrorizzarci. Indirettamente regola tanti, troppi aspetti della nostra vita.
Avete deciso di dare spazio (leggo dal sito): «alle realtà indipendenti più coraggiose, alle voci femminili e alla forma del racconto». Come avviene la selezione? Dove prendete ispirazione?
SARA La selezione avviene dopo lunghi periodi di ricerca. Gli agenti ovviamente ci propongono quello che pensano possa fare al caso nostro, ma ci siamo ripromessi fin dall’inizio di stare in prima linea, andare a scovare di persona le voci più talentuose. Facciamo vere e proprie spedizioni negli Stati Uniti e torniamo con la testa carica di stimoli (e le valigie di libri). Ci documentiamo molto sulle riviste letterarie e non lasciamo insondate nemmeno le realtà editoriali più piccole e nascoste. Poi iniziamo a leggere: solitamente la prima scrematura la faccio io, per dare una direzione coerente al programma. Se un libro ha le carte per diventare un Black Coffee lo sento subito, dalle prime pagine. È una sensazione fisica, inconfondibile. Poi però ho assolutamente bisogno del confronto con Leo, che è più cauto e meno istintivo. Se il libro sta bene anche a lui, allora è (quasi) fatta. Riuscire ad aggiudicarcelo è tutto un altro paio di maniche.
Quali saranno i primi due titoli del catalogo?
Vi occuperete esclusivamente di letteratura nordamericana contemporanea. Sembra che gli editori indipendenti intraprendano sempre più spesso la strada della focalizzazione (mi vengono in mente Edizioni Sur per la letteratura latinoamerica, Exorma per la letteratura di viaggio o esempi più recenti, come Racconti edizioni), raggiungendo un’identità forte ma settoriale, diventando così veri e propri punti di riferimento per i lettori. Pensate possa essere una strategia vincente in un clima – quello editoriale italiano – non proprio favorevole?
SARA È l’unica strada possibile, secondo me. Se dimostri a una persona di sapere bene quello che fai e di avere l’obiettivo di mostrargli non tutto di tutto, ma solo il meglio di una piccola fetta della torta, quella persona si fiderà di te e ti seguirà. Se ognuno facesse quello che sa fare meglio, sarebbe davvero un bel mondo. Ci chiedono ogni tanto se ci apriremo mai ad altre culture, ma la mia risposta è sempre la stessa: se volete altro, non c’è che l’imbarazzo della scelta; noi siamo onesti, possiamo offrire solo letteratura nordamericana perché è quella che conosciamo e solo in questo ambito sentiamo di avere il diritto di dire la nostra.
Giochiamo alla pubblicazione impossibile. Avendo a disposizione una macchina del tempo, quale libro di letteratura nordamericana andreste a scovare per primi?
SARA Ne ho troppi in mente… Mattatoio n.5 di Vonnegut, L’incanto del lotto 49 di Pynchon, Revolutionary Road di Yates… vorrei essere stata la prima a leggere Il nuotatore di Cheever… non lo so, si sta male solo a pensarci!
LEO Fahrenheit 451 di Bradbury, così senza neanche riflettere, ma ce ne sono centinaia di altri. Non mi sarebbe dispiaciuto nemmeno aver portato per primo in Italia DeLillo. O Steinbeck. Uomini e topi è uno dei miei libri preferiti.
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