Vennero degli uomini, di notte, portavano una notizia.Una delle letture più scomode che mi sia capitato d’affrontare negli ultimi tempi. Caduto fuori dal tempo è una storia, ma più di questo è una lettera d’amore da David Grossman per Uri, il suo secondogenito, ucciso in missione da un missile anticarro sul fronte libanese nel 2006. È un libro di una sensibilità estrema, che si avverte sulla pelle, come una ferita. Ma l’amore, più del dolore, trapela in ogni virgola: un sentimento intenso e totale che, anche nello scenario più tragico, emerge in modo assoluto. Un amore fuori dal tempo.
Un uomo e una donna sono costretti a condividere un silenzio iniziato cinque anni prima, in concomitanza alla morte del figlio. Non parlano da allora. La storia descritta nel romanzo inizia la notte in cui l’uomo, senza una motivazione apparente, si alza di scatto e si rivolge alla moglie dicendole che deve andare laggiù. L’uomo invita la moglie a seguirlo ma lei prova a spiegargli che non si può andare laggiù, che non esiste nessun laggiù, che tra qui e là è il confine del mondo. Ma non c’è però ragione che possa placare la disperazione e così l’uomo si avvia alla porta, esce di casa e cammina. Prima intorno alla casa, poi intorno al quartiere, poi intorno al villaggio.
Lo scriba delle vicende cittadine, incaricato dal duca del luogo di appostarsi dietro case e recinzioni per annotare gli accadimenti del villaggio, si accorge dell’uomo e ne scrive; scrive di lui, del suo incedere continuo. E non solo. Altri abitanti vivono in pena accomunati dalla stessa tragica esperienza: la perdita di un figlio. Così la levatrice e il ciabattino, così la riparatrice di reti, così il professore di matematica che disegna calcoli e formule sulle mura di casa, così il duca stesso, così la moglie dello scriba, così lo scriba stesso. E così centauro (soprannome dovuto al fatto che, dalla morte di suo figlio, non riesce più a scrivere come un tempo e non ha la forza di alzarsi dalla scrivania al punto tale da considerare la stessa come parte integrante di sé). È proprio il centauro a raccontare la storia di tutti gli abitanti che, accecati da quello strazio condiviso, decidono di seguire l’uomo che cammina in quel percorso circolare senza fine e senza destinazione. I viandanti, così verranno chiamati.Un passo,
un altro passo,
un altro ancora,
cammino
verso di te.
Camminiamo, non possiamo
fermarci. Il corpo
non lo permette, le gambe
sono deboli, il respiro
è un po’ affannato, eppure il corpo
non vuole fermarsi, spinge
dall’interno, sempre più
avanti...
È solo che il cuore
mi si spezza,
tesoro mio,
al pensiero
che io...
che abbia potuto...
trovare
per tutto questo
parole.
Grossman è sublime e terribile in ogni suo romanzo e riesce a descrivere la sofferenza, l'amore, il dolore in un modo unico che non ho ancora (ri)trovato in nessun altro scrittore.
RispondiEliminaComplimenti per la recensione, è stupenda.
Grazie Francesca! Quando un libro riesce a trasmetterti un'emozione così intensa è più semplice trovare le parole giuste per trasmetterla ad altri.
EliminaGrossman, la meraviglia.
RispondiEliminaQuesto romanzo - se così si può chiamare - mi ha colpita e spaventata, ho già deciso da un po' di leggerlo. Dopo questa recensione ancor di più :)
Perfetto! Aspetto al più presto un tuo parere allora! :)
EliminaAffascinosamente inquietante!
RispondiEliminaMa bella recensione!
La tua recensione ha colto l'essenza ,senza aver letto il libro riesco a sentire l'inquietudine del corpo che cammina alla ricerca di un qualcosa che lo riunisca al figlio.....straziante .
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