Sebbene Camus esordisca dicendo che vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio, questo saggio non si dedica solo ad esaminare il suicidio in quanto tale ma si occupa maggiormente di analizzare il rapporto tra suicidio e assurdo, nella misura esatta nella quale il suicidio sia una soluzione dell'assurdo. Come abbiamo avuto modo di accennare in Caligola e Lo straniero, l'assurdo è una presa di coscienza, l'uomo si rende conto che l'esistenza non ha alcun senso. Proprio perché assurda, la vita non può però essere compresa, tant'è che Camus mette in dubbio anche la famosissima citazione "conosci te stesso" di Socrate: non è possibile conoscere veramente né se stessi né gli altri. Il problema che si pone per l'uomo assurdo è come approcciarsi alla vita una volta entrati in contatto con l'illogicità della stessa, interrogandosi se tale consapevolezza sia condizione necessaria e sufficiente per decidere di porre fine alla propria esistenza. In realtà l'autore conclude in modo meno disfattista il suo pensiero, riconoscendo infatti che la vita sarà tanto meglio vissuta in quanto non avrà alcun senso. L'assurdità non è quindi un motivo sufficiente per decidere di rinunciare alla vita ma, al contrario, è un'opportunità per smettere di comprenderla e godersela per quel che offre; solo assumendo questo atteggiamento l'uomo sarà davvero libero. Di una libertà completa, perché più consapevole.
L'atteggiamento dell'uomo assurdo non è quello del suicida, ma del suo contrario: il condannato a morte. Egli ha in mano la libertà assurda, la libertà da ogni spiegazione, da ogni obiettivo.
A questo punto che Camus, per confermare le proprie considerazioni, ci offre come esempio alcuni personaggi romanzeschi come il Don Giovanni, oppure Kirillov (protagonista de I demoni di Dostoevskij) e conclude introducendo l'ultimo elemento che compone la teoria dell'assurdo: la speranza.
Se il cammino della vita sfocia in Dio, vi è dunque, una via d'uscita; e la perseveranza, l'ostinatezza con cui Kierkeegard, Chestov e gli eroi di Kafka ripetono i loro itinerari, sono una singolare garanzia del potere esaltante di questa certezza.È una lettura di completamento, almeno così l'ho vissuta io; chiarisce alcuni concetti che nelle altre due opere dell'autore sono appena accennati, velati a più riprese da comportamenti apparentemente illogici. Una lettura per appassionati di filosofia, per appassionati di Camus soprattutto.
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