È la vita a costituire l'unica realtà e il vero mistero. La vita è molto più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. La vita persiste, passando come un filo di fuoco attraverso tutte le forme prese dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente abitato. Guardate: questo dito, così sensibile, così pronto ad accogliere sensazioni, così delicato nelle sue molteplici abilità, fermo e forte a sufficienza per flettersi, piegarsi o irrigidirsi per mezzo di leve straordinarie, ebbene questo dito non sono io. Mozzatelo. Io continuo a vivere. È il corpo ad essere mutilato, non io.
[...] Molto bene. E ora tagliatemi tutte le dita. Io resto "io", lo spirito rimane integro. Tagliatemi tutte e due le mani, tutte e due le braccia all'altezza dell'attaccatura delle spalle, tagliatemi le gambe all'altezza dei fianchi ed io sopravviverò, indomito e indistruttibile. Forse che queste mutilazioni, queste sottrazioni di carne, tolgono qualcosa al mio io? Certamente no. Radetemi i capelli a zero, toglietemi a rasoiate le labbra, il naso, le orecchie, sì, cavatemi gli occhi fino alla radice: entro quel teschio informe attaccato a un tronco mutilato e mozzo ancora vive una cellula di carne chimica che è il mio io intatto, integro.Ma il cuore batte ancora! Molto bene, strappatemelo. Meglio ancora, infilate ciò che resta della mia carne in una macchina provvista di mille lame, fatene brandelli ed io - non capite? - IO, vale a dire lo spirito, il mistero, il fuco vitale, la mia stessa vita, resteranno liberi. Io non sono perito. Solo il corpo è morto, ma il corpo non è il mio io.
(da Il vagabondo delle stelle di Jack London. Adelphi, 2005. Traduzione di Stefano Manferlotti)
Bel passo!
RispondiEliminaDa bambina odiavo Jack London perché odiavo e odio i libri d'avventura...
Lui è così e va preso per quel che è, però, credimi, in questo libro la componente avventurosa è tenuta molto a bada.
EliminaUno di quei libri che vorrei leggere...
RispondiEliminaUn paio di giorni e ti dirò come l'ho trovato così avrai una spinta in più (o in meno, a seconda).
EliminaMeraviglioso. Chissà perché, non mi sono mai interessata a nulla di quello che Jack London ha scritto; questo estratto mi dice che ora devo decisamente recuperare il tempo perso.
RispondiEliminaCredo che London si sia un po' autoghettizzato. Questa nomea di scrittore avventuroso, volente o dolente, ha relegato i suoi libri a un genere che non è sempre apprezzato. Ecco perché ho voluto leggere un romanzo "adulto", un romanzo nel quale ci fosse anche una maturazione personale (però anche qui, l'avventura c'è. In piccole dosi, però c'è. Non poteva farne proprio a meno!)
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