Prima devo raccontare una cosa. Quando avevo dodici anni (esatto: la stessa età dei perdenti di Derry) avevo un’amica del cuore. A pensarla adesso sembra una definizione buffa, ma in quel periodo era molto importante stabilire chi fosse la tua amica del cuore.
La tesi era: esiste un’amica per ogni cuore e noi abbiamo un cuore soltanto, fino a prova contraria. Certe volte, la promozione avveniva tramite un accordo tacito e solenne di fedeltà reciproca, altre volte era necessaria una vera e propria cerimonia d’investitura.
Comunque, io e la mia amica del cuore andavamo a giocare a casa sua dopo la scuola. Suo padre aveva uno scaffale pieno di videocassette; noi sceglievamo un cofanetto, di solito era un film dell’orrore girato tra gli anni settanta e gli anni novanta, e passavamo così tutto il pomeriggio.
Vedemmo Shining di Stanley Kubrick (1980), Suspiria di Dario Argento (1977), La Chiesa di Michele Soavi (1989) – scritto e prodotto da Dario Argento. Vedemmo anche IT, la miniserie diretta da Tommy Lee Wallace, andata in onda la prima volta nel 1990. Io non mi sentivo pronta per quel genere di film, ma avevo promesso a me stessa che se lei, la mia amica-del-cuore, non avesse battuto ciglio (e non lo fece), io non avrei battuto ciglio (e non lo feci), atteggiamento che ha deciso gran parte delle situazioni che ho vissuto degli anni che seguirono.
Così a dodici anni ho visto IT, sdraiata sulla sponda del letto della cameretta di un’adolescente, avvolta nel buio più completo, fingendo che l’immagine di un palloncino pieno di sangue che fuoriesce dallo scarico del lavandino non fosse così terrificante. Anzi, a luci spente riuscivo anche a far credere che la trovassi divertente.
Da quel momento, però, ho sempre avuto un rapporto complicato con i lavandini. Niente che mi abbia impedito di vivere una vita dignitosa, ma insomma. Ciò che più m’inquietò della miniserie fu l’interpretazione magistrale di Tim Curry, la sua capacità di rendere un sorriso così perturbante.
Il perturbante come evoluzione della paura
Perturbante è la traduzione del tedesco “unheimliche”. Hemliche vuol dire “casa”, un termine che ci rimanda ad aggettivi come “accogliente” o “rassicurante”. Unheimliche, perciò, è estraneo, sconosciuto, sinistro. Il termine unheimliche fu utilizzato da Freud per definire il senso di spaesamento proprio della paura. Shelling aggiunse che unheimlich è anche tutto ciò che poteva «restare [...] segreto, nascosto, e che è invece affiorato». Perturbante è un oggetto o una situazione in cui si condensano caratteristiche familiari ed estranee; questa contrapposizione provoca nella vittima (nello spettatore) un dualismo affettivo che non riesce a interpretare. È così che IT attrae Georgie in una delle prime scene del libro: il bambino collega l’aspetto di Pennywise a quello dei clown che vedeva al circo, così come l’odore che emana, di pop-corn e noccioline tostate, suscita in lui sensazioni positive. Ma qualcosa, «un paio di occhi gialli, là dentro, come quelli che aveva sempre immaginato ma mai veramente visto in cantina», gli suggerisce di scappare in fretta. I bambini tendono a fidarsi (a dare più peso alla componente familiare che all’estraneità), così Georgie si lascia convincere dal ghigno fatale di Pennywise.
Fuori il vecchio, dentro il nuovo
Ciò che fa più discutere del nuovo IT (diretto da Andrés Muschietti, nelle sale dal 19 ottobre) è la differenza che passa tra il Pennywise di Tim Curry e il Pennywise interpretato da Bill Skarsgård. Il nuovo clown è meno imponente, tendenzialmente animalesco. Non vuole essere perturbante ma diabolico, terrificante senza dubbi di sorta. In un’intervista per Collider, Muschietti motiva la sua scelta dicendo che voleva per il suo protagonista un aspetto più antico, che riprendesse un po’ i costumi dei clown del diciannovesimo secolo. Guardando i primi scatti comparsi in rete, il nuovo Pennywise non mi aveva convinta, ma poi ho dovuto ricredermi: per evitare il rischio che il film restasse l’ombra di un cult degli anni novanta, l’unica soluzione era distaccarsi il più possibile dal primogenito. Pennywise doveva essere diverso ma altrettanto potente a livello visivo, in grado di scardinare dalle menti del pubblico l’immagine del clown di Curry. Skarsgård ha portato a casa il risultato: è credibile, inquietante, di forte impatto, complice un linguaggio del corpo e un controllo delle espressioni del volto fuori dall’ordinario.
Una fedeltà intatta
Anche se a livello razionale sappiamo che la letteratura e il cinema agiscono con strumenti differenti, quando leggiamo un libro che ci coinvolge com’è in grado di fare IT, non possiamo fare a meno di cercare nel film le scene che abbiamo amato, storcendo il naso a ogni minima differenza. Da questo punto di vista, i lettori di King possono ritenersi soddisfatti: il film è fedele al libro, più fedele della miniserie. Il film, IT – capitolo I, è basato sul racconto della prima battaglia tra IT e i perdenti. L’uscita della seconda parte è prevista per settembre del 2019. Il film di Muschietti è ambientato negli anni ottanta (nel libro i bambini incontrano IT negli anni cinquanta), di conseguenza alcune paure sono state “attualizzate”. Dividere la storia dei bambini da quella degli adulti ha permesso alla sceneggiatura di focalizzarsi su dettagli che la miniserie aveva trascurato, scelta che ho apprezzato perché valorizza la caratterizzazione di ogni personaggio. Il cast oltrepassa ogni aspettativa: gli attori scelti sono proprio come io avevo immaginato i perdenti durante la lettura, fisicamente e caratterialmente devoti al testo originale. Ci sono delle differenze nella narrazione, soprattutto sul finale, ma la sostanza è inalterata; tutto resta coerente con il nucleo del romanzo.
Stephen King dice sì al nuovo IT
«Avevo delle speranze, ma non ero comunque pronto a vedere qualcosa di così buono. È allo stesso tempo diverso e molto accurato [...]. Per me IT sono i suoi personaggi. Se ti conquistano, se ti interessano, la paura funziona meglio. Penso che i fan lo adoreranno, io ho voluto vederlo una seconda volta!»Chissà se la mia amica del cuore batterà ciglio questa volta. E voi?
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It - interview with Stephen King & complete cast
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